Saint Rows IV-Recensione+video

05.07.2013 14:05

 

Citazionismo estremo
Il gioco si apre con l’irruzione in una base governata dai terroristi, con una sorta di flasback del finale del terzo episodio, sulle note di “Long Tall Sally” in un evidente riferimento al film Predator. I Santi della Terza Strada stanno cercando di fermare un attacco nucleare e, grazie a mille peripezie e alle azioni del nostro eroe, ci riescono. Beh, più o meno. I terroristi, infatti, riescono comunque a lanciare una testata verso gli Stati Uniti, ed è qui che il gioco spiega a Bruce Willis, Chuck Norris e Arnold Schwarzenegger cosa significhi il termine “bad ass”: il nostro eroe riesce infatti ad aggrapparsi al missile in volo, a scardinare i pannelli che ne proteggono i circuiti e a mandarlo fuori rotta, poco prima di rilanciarsi nel vuoto. Il tutto al ritmo di “I don’t want to miss a thing” degli Aerosmith, celebre colonna sonora del film Armageddon.
Questa citazione è solo una di tante altre. In effetti, Saints Row IV è all’apparenza il più citazionista della saga dato che, come vedremo, il gioco è sostanzialmente una grossa parodia di The Matrix, infarcita di riferimenti culturali, letterari, cinematografici e musicali assolutmente eterogenei e, a volte, completamente insensati.
Poco dopo questo prologo, il gioco ci chiede di creare il nostro personaggio. I modelli di base, come sempre, mostrano esattamente le fattezze di un uomo o donna, membro di una gang. Le opzioni di personalizzazione sono apparse abbastanza variegate, sebbene non vi sia la possibilità di modificare la corporatura in maniera molto incisiva. Uno degli aspetti con più opzione di personalizzazione è dato dalle varie esultanze e insulti che il giocatore può assegnare al proprio personaggio: abbiamo trascorso più di un quarto d’ora a spulciare le varie animazioni, che includono gesti volgari, balletti improvvisati o vere e proprie coreografie, tra cui la celebre “Carlton Dance” del telefilm Willy Il Principe di Bel Air.
 
 
I’m your president, bro!
Ed è così che scopriamo la prima vera novità narrativa del gioco: il protagonista dell’avventura, già gangsta dal cazzotto facile e capo dei Santi, cinque anni dopo gli eventi dell’introduzione è diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. E, in effetti, si comporta come un tamarro alla Casa Bianca: la marcia presidenziale è stata trasformata in un motivetto hip-hop, c’è una tigre al guinzaglio nei corridoi e un arsenale nello Studio Ovale. Le guardie del corpo e i vari chairmen al servizio del presidente sono costituiti da altri membri dei Saints, mentre la povera Kinzie è la responsabile dell’Ufficio Stampa, costretta a mascherare in conferenza le inequivocabili ingiurie e volgarità del presidente con il solito “le parole del Presidente sono state prese fuori dal contesto”.
Dopo pochi minuti a spasso per la Casa Bianca, avviene il primo colpo di scena: gli alieni sbarcano a Washington - pardon, a Steelport - e iniziano a soggiogare il popolo terrestre. Tutto avviene con tale rapidita che è praticamente impossibile prendere sul serio la minaccia. Ma i nemici sono reali, e ben presto il nostro eroe si ritrova prigioniero del popolo invasore e del suo malvagio leader.
 
 
Enter (ed exit) the matrix
Dal rapimento alieno si passa ben presto a quella che, per molti versi, è la citazione centrale di Saints Row IV: la serie The Matrix. L’opera wachowskiana è infatti copiata spudoratamente per introdurre l’universo di gioco, una simulazione in cui il giocatore viene suo malgrado coinvolto.
All’inizio tutto ha le sembianze di una serie televisiva americana degli anni Cinquanta: il nostro eroe indossa occhiali alla Buddy Holly e un pruriginoso maglione, ha una bella mogliettina che cucina tonnellate di pancake e tutti sono estremamente gentili. La città del film Pleasantville è, probabilmente, l’esempio che più si avvicina a questo mondo: tranquillo, patinato, zuccheroso ma palesemente finto.
Ben presto la lingua biforcuta del nostro personaggio ha il sopravvento, e alla prima parolaccia il mondo crolla su se stesso, trasformandosi in un vero incubo. Così, il giocatore scopre di ritrovarsi all’interno di una simulazione, in cui tutto il mondo è costituito da esseri creati ad hoc da un computer. La simulazione in stile anni Cinquanta termina, e il giocatore si ritrova all’interno di una scura, degradata e degradante Steelport, città immaginaria che da sempre contraddistingue questa serie di giochi.
Lo scopo dell’avventura, dunque, è quello di fuggire da questa simulazione e prendere a calci i nemici che ci hanno catturato. Il problema è che uscire da questa simulazione non è così facile, anche se al nostro fianco abbiamo la voce giuda di Kinzie che, in qualche maniera, riesce a comunicare con l’universo simulato.
La città ritratta nella simulazione è il classico ambiente free roaming, diviso in zone (per la verità poco distinguibili) e pieno zeppo di missioni e sfide. Le missioni che abbiamo provato nella versione di preview ci hanno chiesto di eliminare dei nemici in determinati punti della città, o di raggiungere determinate zone per dare il via a un evento. Le sfide, invece, richiedono di utilizzare dei veicoli (o velivoli) o di sfruttare alcuni dei poteri acqusiti nel gioco. Poiché questa è una simulazione il nostro eroe può disporre di alcuni superpoteri: può, ad esempio, correre a velocità estrema travolgendo tutto ciò che incontra, o saltare sui palazzi. Inoltre, nella demo si dispone della capacità di ghiacciare i nemici per poi disintegrarli con un sonoro calcione. I poteri vengono introdotti con una sequenza di tutorial che, ancora una volta, ricorda la scena in cui Neo salta per la prima volta da un palazzo all’interno di Matrix.
Il mondo è popolato da ignari passanti - che possiamo liberamente investire con le nostre auto e moto rubate - e da vari scagnozzi degli alieni, che spaziano da innocui poliziotti a mostri più coriacei, fino a potenti miniboss che richiedono un po’ di impegno per poter essere sconfitti.
Ancora una volta l’IA dei nemici è praticamente inesistente e, fatta eccezione per i miniboss, la tattica del gioco per renderci le cose difficili è quella di scaternarci addosso decine e decine di cattivi, che possiamo falciare con ogni tipo di arma, alcune delle quali hanno causato l’immediata censura del gioco in alcuni paesi del mondo a causa degli orifizi coinvolti durante il loro uso. La scelta delle armi è dunque molto varia, anche se una buona parte dell’arsenale sembra davvero poco ispirata, in particolare per quanto concerne buona parte delle armi aliene.
Verso la fine della versione preview, il gioco ci permette di fuggire dalla simulazione, in una sequenza che - inutile dirlo - si richiama ancora una volta al risveglio di Keanu Reeves nell’ipercitato The Matrix. Tutti nudi e intorpiditi, siamo costretti ad attraversare una base aliena per fuggire. Dopo aver eliminato qualche nemico, la sequenza si conclude con una fuga in una navicella al ritmo di What is Love, celebre successo dance del 1993.
 
 
Saints Row III.V?
Da un punto di vista tecnico, nonostante questa versione early access abbia qualche margine di miglioramento, Saints Row IV non sembra distanziarsi in misura incisiva dal suo predecessore. Il gioco, ricordiamo, nasce come espansione standalone di Saints Row III (con il volgarissimo titolo di Saints Row III: Enter the Dominatrix). Volition ha deciso di trasformarlo in un sequel poco meno di quattro mesi fa e, sfortunatamente, si vede.
Da questo primo assaggio, però, appare evidente che la colonna sonora avrà un ruolo ancora più centrale che in passato, con brani originali e - soprattutto - non originali capaci da soli di strappare un sorriso al giocatore.
Perche, in effetti, Saints Row è un gioco che vuole farci ridere. Quel genere di risate provocate dalla palese esagerazione ed esasperazione di ogni aspetto, dalla messa a nudo di elementi osceni e volgari in maniera così palese da risultare quasi esorcizzante. Al contempo, però, parliamo di un videogioco, e da quanto abbiamo visto gli elementi di gameplay meriterebbero una maggiore attenzione. Non ci resta che attendere la versione finale che, con ogni probabilità, si spingerà oltre. Con buona pace dei giocatori bigotti e bacchettoni.
Ecco a voi anche un video esclusiva=
 
Citazionismo estremo
Il gioco si apre con l’irruzione in una base governata dai terroristi, con una sorta di flasback del finale del terzo episodio, sulle note di “Long Tall Sally” in un evidente riferimento al film Predator. I Santi della Terza Strada stanno cercando di fermare un attacco nucleare e, grazie a mille peripezie e alle azioni del nostro eroe, ci riescono. Beh, più o meno. I terroristi, infatti, riescono comunque a lanciare una testata verso gli Stati Uniti, ed è qui che il gioco spiega a Bruce Willis, Chuck Norris e Arnold Schwarzenegger cosa significhi il termine “bad ass”: il nostro eroe riesce infatti ad aggrapparsi al missile in volo, a scardinare i pannelli che ne proteggono i circuiti e a mandarlo fuori rotta, poco prima di rilanciarsi nel vuoto. Il tutto al ritmo di “I don’t want to miss a thing” degli Aerosmith, celebre colonna sonora del film Armageddon.
Questa citazione è solo una di tante altre. In effetti, Saints Row IV è all’apparenza il più citazionista della saga dato che, come vedremo, il gioco è sostanzialmente una grossa parodia di The Matrix, infarcita di riferimenti culturali, letterari, cinematografici e musicali assolutmente eterogenei e, a volte, completamente insensati.
Poco dopo questo prologo, il gioco ci chiede di creare il nostro personaggio. I modelli di base, come sempre, mostrano esattamente le fattezze di un uomo o donna, membro di una gang. Le opzioni di personalizzazione sono apparse abbastanza variegate, sebbene non vi sia la possibilità di modificare la corporatura in maniera molto incisiva. Uno degli aspetti con più opzione di personalizzazione è dato dalle varie esultanze e insulti che il giocatore può assegnare al proprio personaggio: abbiamo trascorso più di un quarto d’ora a spulciare le varie animazioni, che includono gesti volgari, balletti improvvisati o vere e proprie coreografie, tra cui la celebre “Carlton Dance” del telefilm Willy Il Principe di Bel Air.
 
 
I’m your president, bro!
Ed è così che scopriamo la prima vera novità narrativa del gioco: il protagonista dell’avventura, già gangsta dal cazzotto facile e capo dei Santi, cinque anni dopo gli eventi dell’introduzione è diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. E, in effetti, si comporta come un tamarro alla Casa Bianca: la marcia presidenziale è stata trasformata in un motivetto hip-hop, c’è una tigre al guinzaglio nei corridoi e un arsenale nello Studio Ovale. Le guardie del corpo e i vari chairmen al servizio del presidente sono costituiti da altri membri dei Saints, mentre la povera Kinzie è la responsabile dell’Ufficio Stampa, costretta a mascherare in conferenza le inequivocabili ingiurie e volgarità del presidente con il solito “le parole del Presidente sono state prese fuori dal contesto”.
Dopo pochi minuti a spasso per la Casa Bianca, avviene il primo colpo di scena: gli alieni sbarcano a Washington - pardon, a Steelport - e iniziano a soggiogare il popolo terrestre. Tutto avviene con tale rapidita che è praticamente impossibile prendere sul serio la minaccia. Ma i nemici sono reali, e ben presto il nostro eroe si ritrova prigioniero del popolo invasore e del suo malvagio leader.
 
 
Enter (ed exit) the matrix
Dal rapimento alieno si passa ben presto a quella che, per molti versi, è la citazione centrale di Saints Row IV: la serie The Matrix. L’opera wachowskiana è infatti copiata spudoratamente per introdurre l’universo di gioco, una simulazione in cui il giocatore viene suo malgrado coinvolto.
All’inizio tutto ha le sembianze di una serie televisiva americana degli anni Cinquanta: il nostro eroe indossa occhiali alla Buddy Holly e un pruriginoso maglione, ha una bella mogliettina che cucina tonnellate di pancake e tutti sono estremamente gentili. La città del film Pleasantville è, probabilmente, l’esempio che più si avvicina a questo mondo: tranquillo, patinato, zuccheroso ma palesemente finto.
Ben presto la lingua biforcuta del nostro personaggio ha il sopravvento, e alla prima parolaccia il mondo crolla su se stesso, trasformandosi in un vero incubo. Così, il giocatore scopre di ritrovarsi all’interno di una simulazione, in cui tutto il mondo è costituito da esseri creati ad hoc da un computer. La simulazione in stile anni Cinquanta termina, e il giocatore si ritrova all’interno di una scura, degradata e degradante Steelport, città immaginaria che da sempre contraddistingue questa serie di giochi.
Lo scopo dell’avventura, dunque, è quello di fuggire da questa simulazione e prendere a calci i nemici che ci hanno catturato. Il problema è che uscire da questa simulazione non è così facile, anche se al nostro fianco abbiamo la voce giuda di Kinzie che, in qualche maniera, riesce a comunicare con l’universo simulato.
La città ritratta nella simulazione è il classico ambiente free roaming, diviso in zone (per la verità poco distinguibili) e pieno zeppo di missioni e sfide. Le missioni che abbiamo provato nella versione di preview ci hanno chiesto di eliminare dei nemici in determinati punti della città, o di raggiungere determinate zone per dare il via a un evento. Le sfide, invece, richiedono di utilizzare dei veicoli (o velivoli) o di sfruttare alcuni dei poteri acqusiti nel gioco. Poiché questa è una simulazione il nostro eroe può disporre di alcuni superpoteri: può, ad esempio, correre a velocità estrema travolgendo tutto ciò che incontra, o saltare sui palazzi. Inoltre, nella demo si dispone della capacità di ghiacciare i nemici per poi disintegrarli con un sonoro calcione. I poteri vengono introdotti con una sequenza di tutorial che, ancora una volta, ricorda la scena in cui Neo salta per la prima volta da un palazzo all’interno di Matrix.
Il mondo è popolato da ignari passanti - che possiamo liberamente investire con le nostre auto e moto rubate - e da vari scagnozzi degli alieni, che spaziano da innocui poliziotti a mostri più coriacei, fino a potenti miniboss che richiedono un po’ di impegno per poter essere sconfitti.
Ancora una volta l’IA dei nemici è praticamente inesistente e, fatta eccezione per i miniboss, la tattica del gioco per renderci le cose difficili è quella di scaternarci addosso decine e decine di cattivi, che possiamo falciare con ogni tipo di arma, alcune delle quali hanno causato l’immediata censura del gioco in alcuni paesi del mondo a causa degli orifizi coinvolti durante il loro uso. La scelta delle armi è dunque molto varia, anche se una buona parte dell’arsenale sembra davvero poco ispirata, in particolare per quanto concerne buona parte delle armi aliene.
Verso la fine della versione preview, il gioco ci permette di fuggire dalla simulazione, in una sequenza che - inutile dirlo - si richiama ancora una volta al risveglio di Keanu Reeves nell’ipercitato The Matrix. Tutti nudi e intorpiditi, siamo costretti ad attraversare una base aliena per fuggire. Dopo aver eliminato qualche nemico, la sequenza si conclude con una fuga in una navicella al ritmo di What is Love, celebre successo dance del 1993.
 
 
 Un video esclusivo solamente per voi ora o prossimamente...!